lunedì 9 luglio 2012

Erroneamente incarcerato per violenza sessuale, viene assolto ma i giudici gli negano il risarcimento per ingiusta detenzione: se è stato arrestato è solo colpa sua

10 febbraio 2011, Firenze — Ha trascorso cinque mesi e cinque giorni in carcere, accusato di violenza sessuale, ma al termine del procedimento penale a suo carico il tribunale lo ha assolto. La Procura non ha presentato appello, date le evidenze, e la sentenza di assoluzione è divenuta definitiva; la donna che lo ha accusato intanto si è dileguata. Nonostante ciò la Corte di Appello gli ha negato il risarcimento per ingiusta detenzione, sostenendo che egli avrebbe tenuto una condotta gravemente colposa, «caratterizzata da noncuranza, negligenza, imprudenza, indifferenza per quanto da essa potesse prevedibilmente derivare»: una condotta “avventurosa” insomma, con la quale avrebbe “certamente” indotto gli inquirenti ad adottare la misura coercitiva. In parole povere, se è stato in carcere innocente 5 mesi e 5 giorni è solo colpa sua. Questa vicenda, che ha dell’incredibile, è quanto è accaduto a un cittadino peruviano di 32 anni. Superata l’incredulità, i suoi legali – Giacomo Passigli, Corso Gineprari e Michele Ducci – hanno presentato ricorso in Cassazione.

Il giovane peruviano, incensurato, era accusato di aver abusato di una connazionale nell’agosto 2008, nel corso di una festa in un locale delle Cascine. Lui ha sempre negato, sostenendo che era stata lei, durante tutta la serata, ad avergli fatto il filo (nonostante fosse in compagnia del fidanzato), e che il rapporto sessuale occorso era stato consenziente. Finito in carcere per violenza sessuale a seguito delle dichiarazioni mendaci dell’anonima, ha dovuto attendere l’esito del processo a Sollicciano prima di vedere riconosciute le sue ragioni. La giovane del resto ha fornito almeno tre versioni diverse della serata ed è caduta in molte contraddizioni. Dopo 5 mesi e 5 giorni di carcere, l’imputato è stato assolto. Ma secondo la Corte non ha diritto al risarcimento a causa della sua condotta gravemente imprudente.

Protestano gli avvocati e nel ricorso in Cassazione scrivono: «È assolutamente illogico (e inaccettabile) sostenere che accettare l’invito ad un incontro più intimo con una persona ad una festa, probabilmente dopo aver bevuto un po’ più del normale, debba far ritenere “prevedibile” che l’altra persona possa inventarsi una violenza sessuale». Il giovane avrebbe potuto certamente prendere in considerazione un eventuale rifiuto della ragazza di andare avanti con il rapporto sessuale (nel qual caso si sarebbe interrotto), ma di certo non poteva sospettare che lei lo avrebbe denunciato per stupro facendolo finire dentro per oltre cinque mesi.

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